Una serie televisiva

Fabio Guidi

Il nostro, come si sa, vuole essere uno sguardo psicosintetico sul mondo, in grado di cogliere suggerimenti utili per la nostra integrazione personale. Non so quanti di voi conoscano Mad Men, una serie televisiva che possiamo vedere su Netflix e che è ambientata nell'America degli anni Sessanta. D'impatto, guardando le prime due/tre puntate, sembra non vada da nessuna parte, abituati come siamo ai film 'veloci', dove la trama svolge una parte importante. Qui, infatti, la trama è ridotta all'osso e ciò che rende davvero pregevole questa serie è la descrizione che viene fatta della società americana di quel periodo, con tutti i suoi stereotipi culturali. É qualcosa che non si vede abitualmente nei film.
Per uno della mia generazione, che è stato adolescente negli anni Settanta, la visione di questa serie è particolarmente interessante, in quanto gli permette di elaborare in modo più critico la mentalità che ha respirato in famiglia. Infatti, dimentichiamo fin troppo spesso che i condizionamenti che riceviamo non sono semplicemente emozionali, non derivano solo da dinamiche familiari, ma sono anche condizionamenti sociali, modelli di comportamento di cui i nostri genitori sono imbevuti e che ci trasmettono s-pensieratamente, potremmo dire, cioè senza alcun pensiero critico.
Nella serie televisiva emerge poderosa la mentalità piccolo-borghese, farisaica, mezza bigotta e mezza libertina, maschilista e superficialmente consumista. É qualcosa con cui i giovani della mia generazione si sono dovuti confrontare e che, i più sensibili, hanno cercato di contrastare. La mentalità piccolo-borghese è ipocrita, improntata al formalismo, alla schiavitù riguardo a ciò che "la gente dice" (la «considerazione interiore», direbbe Gurdjieff), alla difesa di facciata dei valori morali e alla segreta gretta coltivazione degli impulsi più egoistici e immorali. 
Tutto questo è palpabile nella serie televisiva, così come la superficialità di quel mondo basato sul successo nel lavoro, sul farsi una 'posizione' e fare soldi e su un consumo ostentato  e indotto da una tecnologia che è sempre più invadente. É fin troppo chiaro anche come dietro questa patina superficiale ci sia lo spettro di un angosciante vuoto esistenziale.
Infine, ma non per importanza, il maschilismo. Devo confessare che mi ha disturbato vedere il modo in cui, nella serie televisiva, gli uomini concepiscono le donne. Mi ha disturbato perché non è il solito film in cui la donna viene trattata senza rispetto, ma, in fondo, lo spettatore coglie che quello è un semplice caso singolo, certo da condannare, ma che tuttavia non può essere generalizzato. No, questa serie ti descrive il maschilismo subdolo di un'intera società. La donna è vista come un oggetto da mostrare, (sì, un oggetto, un possesso), da ammirare per la sua avvenenza (e solo per quella, per fornire uno stimolo al desiderio maschile), da proteggere (come una bambina incapace di badare a se stessa) e da lusingare esteriormente (in modo da compensare l'effettiva mancanza di rispetto). Ciò che più fa male è vedere come la donna accetti tutto questo, cioè abbia interamente introiettato questo modello: la vedi sottomessa all'uomo, convinta della sua inferiorità, ansiosa di essere desiderata sessualmente, pronta a perdonare gli ordinari tradimenti del marito, ma pronta anche a non suscitare la sua gelosia, disposta a subire volgari battute e trattamenti irrispettosi, con la sola arma dell'avvenenza fisica. Con quella sì, la donna può conquistarsi spazi di controllo e dominio sull'uomo, mostrandosi affascinante e seduttiva, insomma, irresistibile. Questa qualità delle relazioni tra maschio e femmina ti viene sbattuta continuamente in faccia nella serie televisiva e, se questa visione risulta insopportabile per me che sono un uomo, m'immagino cosa può suscitare in una donna che guardi con occhio critico i vari episodi.
Si capisce come possa essere nato il femminismo radicale della fine degli anni Sessanta. Si capisce meno come, con il passare del tempo, molte donne possano essersi dimenticate delle battaglie compiute in sua difesa, continuando a identificarsi come bambole del desiderio sessuale. É davvero triste. Così come è triste osservare la misera fine che ha fatto lo slancio - certo un po' ingenuo, ma comunque vero - verso una società più spontanea e vitale compiuta dalla generazione freak degli anni Settanta, la mia. Mi sembra che siamo tuttora in pieno riflusso e che, pertanto, Mad Men non sia istruttivo solo per la mia generazione, ma anche per le generazioni successive, dal momento che descrive degli archètipi culturali sempre in agguato, pronti a ghermirci e a farci dimenticare la nostra vera natura.