Il miracolo di 'SenzaNome'

 


Gianluca Mondini

Ricordo quella sera.
Siete state chiamate per nome e si sono fatte avanti. Tutte tranne te, che non hai risposto.
Chi sei, dunque?


Quando il compositore ti è passato accanto ed ha ascoltato il tuo silenzio, che cosa ha udito?
Non eri forse una tragica melodia per pianoforte, ed insieme un inno proibito per venerare gli antichi Dei?
Eri forse il coro di mille flauti in legno, o il solitario canto di un'arpa dorata?

Anche i pittori ti hanno osservata, e quando ho chiesto loro che cosa avessero visto in te, quanto accesa è stata la loro discussione!
Alcuni erano certi di aver visto mari e oceani, mentre altri descrivevano le morbide sabbie del deserto. Altri hanno parlato di gelide montagne che non possono essere scalate, ed altri ancora si sono scaldati vedendo il rosso di un violento incendio di fuoco.
Quale artista non impazzirebbe di fronte a una visione simile?
Come può, tutto questo, essere presente in te?

Ed il fabbro, che cosa ha sentito tra le sue ruvide e forti mani quando ti ha sfiorata?
Una tagliente e precisa spada con un'elsa finemente decorata, o una brutale ascia in grado di perforare anche la più dura delle armature?

Mi sforzo di ricordare, ma non posso dire di che colore fossero la tua pelle, i tuoi capelli, i tuoi occhi.
È perché me ne sono dimenticato? O forse nessuno ti ha ancora dipinta?
Come possono non fremere le mani dell'artigiano di fronte a te, che nient'altro sei se non energia pura, materia grezza, un vacuo pentagramma?
E quella sera, nonostante il buio e la pioggia, tu restavi li. Innocente, sorridevi.
Come puoi non temere il vento né l'acqua? Davvero non temi gli artigli di colui che può affondare nella tua carne senza resistenza alcuna?
Rispondimi! Da dove nasce questa tua splendida incoscienza, stupida creatura divina?
Adesso, grazie a queste ed altre mille domande, posso finalmente capire; quando siete state chiamate all'appello le altre si sono fatte avanti, ma tu non hai risposto.
Beh, come potevi farlo? Tu, che sei ogni cosa, non puoi certo ricordare il tuo nome.
Non è forse questo il tuo miracolo, Persefone?