La necessità di una Pratica

 


Luca Pilato 


Il progresso nel Lavoro di crescita interiore non può prescindere da una Pratica.
Pratica, dal latino tardo “practĭcus” che a sua volta deriva dal greco “πρακτικός” cioè attivo, indica l’azione, l’attuazione concreta di una conoscenza.
Da giovani si vuole “fare”, o perlomeno imparare a fare un sacco di cose. Io rientro in questa categoria. Nella mia esperienza di adolescente e per buona parte dei miei primi venti anni e poco più, sono stato impegnato in molte attività. Incontri extrascolastici a carattere scientifico, studi musicali al conservatorio, gruppi e concerti, arti marziali, ginnastica acrobatica, danza, lettura, teatro, studi ingegneristici e costruzioni di “aggeggi” (perché altro non erano) elettronici artigianali… Tutti impegni o “passioni” che ritenevo opportuno (anche se non sempre in modo cosciente) fare. Quando mi sono chiesto cosa mi avessero lasciato così tante attività la risposta immediata è stata deludente, frustrante. Conoscevo e sapevo svolgere meccanicamente tante cose, avevo acquisito delle “tecniche”, eppure provavo del vuoto, mancava qualcosa. Ma com'era possibile? Mi sembrava di aver vissuto tre o quattro vite diverse in contemporanea, eppure non ero appagato. Fortuna volle che a 23 anni mi imbattei in una Scuola dove si praticava la meditazione. Ora, a 34 anni, continuando un lavoro di crescita interiore, posso dire che non era certo la mancanza di “attività” a frustrarmi, mancavo io. Quelle “attività” però hanno cambiato significato.
La crescita personale necessita di qualche strumento. Con strumento intendo una qualsiasi attività, quantomeno creativa, che ci permetta di fare un'esperienza. Se questa esperienza è inquadrata in un lavoro di conoscenza profonda, allora la semplice “tecnica” inizia diventare uno “strumento”. Quanti esempi abbiamo in letteratura di un processo simile? Infiniti, eppure mi sembra di scoprire la loro necessità solo ora, dopo anni di Lavoro. Come non citare “Lo Zen e il tiro con l’arco” che mette in gioco gli strumenti orientali più tradizionali. Gli innumerevoli testi di meditazione e yoga. In occidente il bisogno di una conoscenza profonda si è inserito più negli ambiti intellettuali, dalla filosofia alla scienza, sviluppando strumenti che spaziano dalla psicoanalisi alla psicosintesi. Nel campo artistico, invece, è più facile abbandonarsi a catarsi ed egoistiche esibizioni emotive, ma sia la musica che il movimento, ad esempio, rimangono delle ottime tecniche da poter sfruttare.
E ora viene il bello. Una cosa è capire che una tecnica può essere uno “strumento” (e sono già anni di Lavoro). Un'altra è far divenire quello “strumento” una Pratica! Esso va esercitato, praticato, e nel modo giusto. Mi sono ritrovato a scoprire quanto Lavoro possa esserci nell'utilizzo del respiro e in particolare nel suonare il sassofono, il mio strumento. La postura, la tensione muscolare del corpo, il flusso e la pressione dell’aria, l’apertura e la disponibilità emotiva, lo psichismo oscillante tra presente e futuro, e poi, i rari momenti di grazia in cui tutto svanisce e si scioglie in quelle poche note, che escono così bene che non credi neanche di averle fatte te. Sono quelle esperienze per cui ti chiedi simpaticamente “ma come ho fatto?!”
In verità, questo è solo un piccolo esempio. Notevole è il fatto che un'esperienza di questo tipo, con una tecnica così familiare può educare al giusto atteggiamento anche in altri ambiti. Pensiamo adesso agli enormi benefici, in termini di crescita personale, se ad ogni minuto della nostra giornata riuscissimo a considerare la vita stessa come il regio strumento di Pratica. Il maestro vietnamita Thich Nhat Hanh, rivolgendosi a dei novizi praticanti, scrive:

“Ho detto loro che meditare un’ora al giorno va bene, ma che non è niente affatto sufficiente. La meditazione va praticata camminando, stando in piedi, stando distesi e lavorando, mentre ci laviamo le mani, lavando i piatti, spazzando il pavimento, bevendo il tè, conversando con gli amici, […]. Tagliare la legna è meditazione. Portare l’acqua è meditazione. Siate consapevoli ventiquattr'ore al giorno, non solo durante l’ora che dedicate alla pratica formale, [...]. Ogni atto va accompagnato dalla presenza mentale.”

Il maestro Gurdjieff, in modo più sintetico, dice “Ricorda te stesso, sempre e ovunque”. Tutto qui.