Paura e delirio al supermercato


 

Simone Prezioso

Vedevo quella gente muoversi nervosamente mentre faceva trottare le ruote dei loro carrelli in su e giù, le espressioni sui volti erano per lo più assorte e indaffarate poiché, pensavo, il tempo a loro disposizione doveva esser troppo poco e immediatamente a ridosso del tanto atteso ritorno a casa per la preparazione del pasto serale. Un vociferare continuo si propagava come sottofondo a rendere l’atmosfera ancora più surreale e disarmonica e di getto mi è balzato in mente quando, pochi giorni prima, nel sottofondo del silenzio mattutino della campagna, ho potuto udire il canto di alcuni uccellini che nel loro insieme avevano un non so che di armonico.
Ma tra le corsie dell’ortofrutta regnava invece un caos silente e spietato che si esprimeva nello sfrecciare dei carrelli a tagliare la strada del prossimo, a prevaricare qualsiasi essere vivente si trovasse di fronte come ostacolo e a perseguire il solo obbiettivo di conquistare ogni centimetro di strada in modo da anticipare il ritorno a casa.
Superando quindi il pericoloso reparto degli ortaggi e dopo aver coraggiosamente sventato almeno 2 incidenti tra carrelli, d’improvviso mi sono trovato di fronte un’anziana signora comodamente poggiata sullo sportello del banco frigo dove, ahimè, erano posizionate le uova. Normalmente avrei evitato di disturbare il suo chiacchiericcio confuso con il cellulare, ma essendo un uomo single e da tale avendo poca voglia di cucinare, le uova risultavano di vitale importanza per la mia sopravvivenza! «Scusi Signora, può gentilmente spostarsi? Dovrei prendere le uova», l’anziana si è poi spostata ma senza mostrare alcun cenno, senza uno sguardo, un “mi scusi” o un sorriso, mi ha trattato semplicemente come se non esistessi, come se fossi stato soltanto un impedimento alla sua vita.
Mi duole fare discorsi che mal si conciliano alla mia giovane età di uomo non ancora quarantenne, ma ricordo che le vecchiette dei miei tempi erano sempre simpatiche e disponibili, instillavano tenerezza nel prossimo e soprattutto erano capaci di una gentilezza disarmante e coinvolgente. Come siamo arrivati oggi ad avere questi adulti che il più delle volte sacrificano la loro umanità dissolvendosi nei trastulli dei cellulari? Quand’è che abbiamo smesso di dare valore alla figura del vecchio saggio che con la sua esperienza custodisce i valori dei tempi che furono? Ahimè, ho sempre mal digerito il motto “si stava meglio quando si stava peggio”, motivo per cui non voglio cascare io stesso in simili brutte attitudini.
Continuando quindi il percorso, che gloriosamente mi avrebbe finalmente portato alle casse, e dopo aver dribblato qua e la qualche carrello e carrellino della spesa, mi sono poi trovato ad attendere in fila il mio turno per effettuare il pagamento, turno che, ovviamente, è tardato ad arrivare. L’attesa, visto il gran numero di persone in coda, prometteva di durare per tempi “biblici” ed è così che ho potuto continuare a guardarmi intorno e quindi osservare gente sbuffante che, irritata dall’attesa, di tanto in tanto lanciava sguardi violenti alla cassiera di turno, oppure uomini e donne in palese difficoltà nel rimanere fermi per qualche minuto e che nervosamente ammazzavano il tempo nel trastullo con il cellulare, o, in fine, persone che, alle mie spalle, scorrazzavano avanti e indietro furiosamente per recuperare una lasagna surgelata o qualche cassa di Coca-Cola.
Più osservavo quella gente e più percepivo in me una insolita tristezza, una solitudine dal gusto esistenziale che tanto più scavava dentro e tanto più mi donava una percezione di sofferta, reale esistenza.

Cosa mai ci facevo in quell’accozzaglia di stress, malcontento e ipocrita perbenismo? Ovviamente sapevo quali erano i risvolti pratici che mi avevano portato al supermercato ma, pensavo, era possibile trovare delle valide alternative? Se è vero che quel giorno ho potuto avere una visione piuttosto chiara di ciò che mi girava intorno, quante volte ho invece contribuito personalmente ad alimentare questo clima caotico e disarmonico che mi girava intorno lasciandomi semplicemente e passivamente coinvolgere?

Ma intanto era giunto il momento per me di pagare ed io nutrivo un forte desiderio di risanarmi da tutti quei gravosi pensieri che avevo ponderato, d’altronde “non tutto doveva essere perduto”, mi dicevo, e ancora “al mondo esistono anche belle persone” e avevo bisogno di trovare una prova tangibile di queste mie speranze!  Con molta gentilezza quindi mi sono avvicinato al vetro di plastica che separa il cliente dalla cassiera, aspettando che finisse di contare il pagamento del cliente precedente. Appena ho potuto incrociare il suo sguardo le ho sorriso nel miglior modo possibile, come a dire “Hey, questo è un ambiente surreale che ci fa male. Io me ne accorgo e voglio condividere con te un momento di semplice umanità per ricordare a noi stessi chi siamo e quindi per un attimo rasserenarci”.
Non credo però che la cassiera abbia in qualche modo percepito la richiesta implicita che le stavo facendo perché, in risposta alle mie buone intenzioni, ha mostrato invece una espressione plastica e circostanziale. Aveva un sorriso così forzato che, nonostante fosse una ragazza dal bell’aspetto, ho dovuto abbassare lo sguardo e chinare il capo fino al termine del pagamento della spesa. La sua risposta a quel mio ultimo tentativo di scambio umano è stata così respingente e deludente che stavo quasi dimenticando di prendere il resto, tanto era forte in me il desiderio di fuggire da quel posto dimenticato da Dio.

“La prossima volta farò la spesa dal verduraio sotto casa” mi dicevo, “che, ha anche prezzi più alti, ma quando mi vede semplicemente sorride.” Non mi illudevo certo del fatto che la gentilezza del commerciante in questione fosse disinteressata, ma devo dire che nella sua semplicità era capace di intavolare un discorso che di per sé non aveva certo pretese altisonanti ma che quantomeno riportava al ricordo di una socialità cordiale e proficua.

Come mai solo in quel momento ho potuto cogliere l’assenza di armonia di alcuni ambienti che prima frequentavo senza turbamenti della coscienza? Cosa era cambiato in me e quali nuove esigenze prendevano spazio? Che direzione stava prendendo il mondo e quanto io ero disposto ad adeguarmi ad esso per non sentirmi invece come un alieno o uno straniero?

Di colpo poi mi sono trovato al volante della mia auto per tornare a casa, ero stato così assorto dai pensieri che non mi ero accorto di essere nuovamente in uno stato di attesa anche se questa volta di un semaforo che diventasse di colore verde. I tubi di scappamento dei veicoli di fronte a me emanavano leggere nubi grigiastre rendendo l’aria poco godibile ed io, stanco di stimoli esterni poco gratificanti, ho girato il capo quasi d’istinto, come se qualcosa o qualcuno mi richiamasse e di fatti mi sono di colpo trovato assorto nello sguardo di un bambino. Era seduto in macchina con i suoi genitori e credo potesse avere quattro o cinque anni al massimo. Mi guardava semplicemente mentre i suoi genitori discutevano tra di loro un po’ irritati. Non so cosa lo avesse attirato di me ma finalmente ebbi modo, per pochi secondi, di recuperare quel contatto umano che cercavo già da un po’ e che fin a quel momento non avevo avuto modo di ottenere.

Non potevo sapere che direzione avrebbe preso la mia vita in futuro ma ero certo del fatto che avrei dovuto confrontarmi con quello strano mondo che mi girava intorno e con cui facevo fatica ad interloquire.