L'incomprensione, penitenza e preghiera

 

Christian Varriale

 

Spesso mi sono chiesto quale sia il reale significato della penitenza, elemento comune a molte religioni.
Basta pensare a quanto il cattolicesimo sia permeato da questa parola e quanto, seppur in forme diverse, anche l'induismo ne sia ricco con le sue innumerevoli pūjā praticate giornalmente dai credenti induisti.

Faccio notare che il mio intento non è esprimere un giudizio, ma semplicemente condividere la mia personale esperienza e le mie convinzioni attuali in proposito. Personalmente, ho sempre avuto una certa ritrosia nel accettare, così come mi veniva presentata, la spiegazione di questo aspetto della pratica religiosa. Ho sempre avvertito una grande pesantezza in relazione a questa parola e al giusto atteggiamento che, secondo i canoni cristiani, doveva essere tenuto. Proprio questa pesantezza è stata, sempre, la nota stonata che mi ha tenuto lontano e diffidente rispetto a quanto mi veniva detto e a quanto osservavo.

L'incomprensione di questa parola trova le sue radici nella comprovata confusione in cui versa l'umanità e nella sua incapacità di discernere due stati emotivi profondamente differenti, ovvero il senso di colpa e il rimorso. Non intendo addentrarmi in un'analisi tecnica di questi due sentimenti, ma piuttosto cercare, in modo più semplice, di descrivere le caratteristiche di ciò che essi portano con sé.

Il senso di colpa è strettamente legato all'idea dell'errore e di essere in qualche modo sbagliati; si accompagna a un'energia di natura fredda, spesso percepibile e riscontrabile anche a livello fisico. Essa tende a immobilizzare e a farci avvolgere in una spirale che volge il suo sguardo al passato, a ciò che è stato, contribuendo a mantenere una separazione dal momento presente.
Di natura completamente diversa è invece il rimorso, che, pur avendo una visione estremamente chiara, lucida e sentita delle proprie mancanze e degli errori commessi nel passato, genera un sentimento di natura calda. Il dolore, presente in entrambi gli stati d'animo, in questo caso invoglia a guardare alla situazione attuale e a cercare soluzioni, non sempre possibili, per porre rimedio al torto o alla mancanza commessa.

Seppur difficile da provare, il rimorso è forse una delle emozioni più belle che un uomo possa sperimentare. Ti libera del grande peso che fino a quel momento hai portato con te e ti investe con una rinnovata energia che genera una nuova responsabilità. Proprio questa nuova responsabilità, derivante da una maggiore chiarezza, dà origine alla penitenza, cioè all'assunzione di azioni volte a porre rimedio a quanto accaduto in precedenza. La preghiera in questo contesto può rivestire un ruolo importante, dato che non sempre è possibile fare ammenda concretamente; quindi, pregare per una persona o per una situazione esterna a noi nutre e mantiene viva la sensazione di rimorso, spingendo la persona a esplorare stati d'animo che al momento mi sento di definire trans-personali.