Il varietà della crescita fai da te


 Gianluca Mondini

Siamo nel 2024, e tutti sappiamo fare tutto. L'affermazione è ironica solo per metà: abbiamo davvero a disposizione un'indefinibile quantità di strumenti per approcciare quasi ogni problematica ci si presenti nella quotidianità. Per esempio, in vita nostra potremmo non aver mai sostituito un rullo avvolgitore in una tapparella, e magari non sapere neppure com'è che di preciso funziona una tapparella. Ma questo non importa, perché su YouTube ci sarà di certo un video di dieci minuti (a velocità 1.25, per fare prima) in cui qualche sconosciuto ci spiegherà dettagliatamente come fare.

Sul fatto che l'ampiezza delle possibilità offerte noi in questo tempo rappresenti un bene oppure un male, non so parlarne e non voglio farlo. Queste righe vogliono invece spostare l'attenzione su come l'atteggiamento mentale del «faccio qualche ricerca e in qualche modo trovo come fare» non sia circoscritto alle questioni puramente tecniche – per le quali Dio sia lodato per il tempo e i soldi che le sperimentazioni e i tutorial su internet ci fanno risparmiare – ma riguardi, tra le varie cose, anche la questione della propria crescita personale.

Ora, giustamente, uno si domanda: cos'è questa benedetta crescita personale? Perché all'inizio, nel migliore dei casi, non se ne ha che una qualche vaga idea. Ne abbiamo una nostra idea. È forse qualcosa che offre strumenti per ottenere una qualche liberazione? Liberazione da chi, o da cosa? Forse consente di aumentare il proprio potere sugli altri? Per arricchirsi economicamente? La crescita è un modo per essere più abili nel manipolare? Un modo per avere più donne? Più uomini? Più automobili? Più mobili? Per non sentire l'ansia? La paura? Per accrescere il nostro ego? Oppure per lasciarlo andare? Si sbloccano magari poteri nascosti, si impara a correre sulle acque? Non lo sappiamo, ma può capitare che, ad un certo punto, una parte di noi si senta attratta da qualcosa del genere. Diciamo che quest'idea, o una sua declinazione – ancora sfumata – di cambiare qualcosa di noi stessi un po' ci incuriosisce. Per un qualunque motivo, s'intende, che spesso non conosciamo. In genere si è semplicemente mossi da un disagio, comunque lo si voglia o si riesca a inquadrare: un disagio esistenziale, esistentivo, amoroso, economico, superficiale, profondo, complesso, religioso, spirituale, cosciente o inconscio, e così via.

E così, nell'era del fai da te, – del Do It Yourself, come dicono gli anglofoni – il primo impulso lo si può esprimere nell'aprire Google e vedere cosa viene fuori cercando un po' di parole chiave (quali siano queste parole, chiaramente, dipende dalla nostra personalissima idea di crescita personale). Probabilmente il primo porto d'approdo sarà un qualche youtuber; col suo seguito di mezzo milione di utenti, che ci accoglierà con contenuti incorniciati da titoli sgargianti e attraenti – rigorosamente scritti in maiuscolo – tipo «COME ESSERE FELICI», oppure: «METODO DEFINITIVO PER LASCIARE ANDARE LA NEGATIVITÀ E SCOPRIRE IL TUO DIO INTERIORE». Bene, forse ho trovato quello che fa per me, il mio tutorial, ci si dice. Un po' titubanti, magari, ma ci diciamo che forse ci può anche stare. Il tutto nella convinzione non solo aver inquadrato il nostro disagio, ma di avere ora tra le mani lo strumento giusto con cui possiamo risolverlo. Poi vabbè, se non è questo, sarà il prossimo video. E procediamo così. Questo incarna il miracolo e il dramma del fai da te.

A proposito di questo, c'è una storiella curiosa. Ci sono due amici che per questioni lavorative sono soliti svegliarsi molto presto la mattina, e che durante la giornata si trovano entrambi a soffrire di una forte sonnolenza. Iniziano allora a cercare vari rimedi, soluzioni, si confrontano e sperimentano vari sistemi per far sparire questo benedetto stato di torpore. Neppure il preparato XG-316A della Energy-super-farmaceutics, pubblicizzato in TV, né il miracoloso caffè del Mozambico a tostatura media sembrano risolvere la situazione. Poi uno dei due va da un analista, e dopo un po' risulta evidente che la sua stanchezza origina da un qualche stress sull'ambiente lavorativo. Ne ha ulteriore conferma quando si prende una settimana di ferie e finisce col sentirsi vivo e pieno d'energia. Bene, sa ora come e dove intervenire. Così anche l'altro va dall'analista, e questo invece viene a scoprire che… dormiva poco perché era stanco. Eh? Va letta piano questa espressione: dormiva poco perché era stanco. Cioè, il suo svegliarsi presto era diventato un pretesto per trovare una ragione alla sua stanchezza, che ci sarebbe stata a prescindere. Infatti, pur prendendosi anch'esso una vacanza, quelle due settimane a Honolulu non gli furono sufficienti a risolvere il problema della sonnolenza. A dirla tutta, svegliarsi alle dieci su una spiaggia hawaiana sentendosi comunque assonnato fu per lui un importante campanello d'allarme. La giustificazione dello svegliarsi presto gli serviva per non affrontare una qualche forma di depressione che si portava dietro da tempo, che aveva cause più remote, e che successivamente riuscì a elaborare e superare. Pur continuando a dormire le stesse ore, le energie tornarono e la sonnolenza svanì. Divenne chiaro come, a differenza dell'amico, l'impiego lavorativo in sé non fosse minimamente un problema per lui, e liberarsene, come in certi casi sentiva l'impulso di fare, gli avrebbe forse causato ancora più problemi.

Due persone, stessi sintomi, stessa apparente problematica, ma una qualunque indicazione valida per il primo poteva rivelarsi di dubbia utilità (se non dannosa) per il secondo. Qui il fai da te mostra i suoi limiti. Difficile discernere i due casi e le due motivazioni, perché, bisogna dirlo, spesso è davvero difficile capire per conto nostro di cosa abbiamo davvero bisogno, specie quando siamo presi da un qualche disagio onnipresente e inafferrabile, che sembra avvolgere tutto quanto. Nel 2024 suona male, lo so, e avrei preferito scrivere qualcosa come «tutti ci conosciamo profondamente e sappiamo perfettamente ciò di cui abbiamo bisogno e dove trovarlo». Ma, per rispetto della mia verità e della mia esperienza, non posso farlo. Per rispolverare un aforisma spesso attribuito ad Albert Einstein, «non è possibile risolvere un problema con lo stesso livello di pensiero che sta creando il problema». Se non fossi d'accordo con con questa frase non avrei scritto questo articolo.

Così, un qualunque aiuto generalizzato, il seguire un guru dell'internet o un maestro di vita che si rivolge a centinaia, migliaia o milioni di persone, che fornisce una qualche soluzione di auto-aiuto, fai da te, in molti casi difficilmente potrà essere per noi quell'occhio esterno in grado di vedere la nostra situazione, per come siamo, che possa operare nello specifico del nostro disagio. Spesso c'è bisogno di altro, di qualcuno che ci guardi e ci veda nella nostra interezza, da parte a parte, che capisca dove ci troviamo, coi nostri bisogni specifici, personali, che affondi lo sguardo nella nostra inquietudine, che ci dia quella comprensione di cui siamo spesso così affamati. Quando si è in contatto con questo bisogno, profondo, reale, qualunque rivoluzionaria teoria sulle cause dell'infelicità o frase motivazionale di un qualche uomo di successo non può far altro che scivolarci addosso lasciandoci un sorriso un po' amaro sul volto.

Si pone allora la questione di come trovare questo qualcuno che sappia comprenderci e che ci aiuti a fare la nostra crescita, ma questo è un altro discorso che andrebbe ben oltre i contenuti di questo articolo e che rischierebbe di scivolare in qualche generalizzazione – valida per qualcuno, nel migliore dei casi, ma inapplicabile per altri. Al solito, si torna all'idea che le circostanze individuali di ciascuno di noi siano qualcosa di così specifico da non poter essere racchiuse in una semplice ricetta.

Che altro resta, allora, se non augurare a ogni cercatore una qualche combinazione del caso – o della sincronicità, per chi non crede nelle coincidenze, – un incontro con una persona, un'intuizione, una qualche circostanza della vita, qualunque cosa che lo porti verso ciò che sta cercando. Insomma, un augurio che il cuore, o il sentimento, o la testa, o qualsiasi altra cosa in cui egli ripone la propria fede, possa in qualche modo fargli sentire di avvicinarsi a qualcosa o qualcuno che lo aiuti davvero nel suo processo, che lo riconosca nella sua individualità, qualcuno che lo aiuti nel suo reale e personale percorso di crescita.